Cronaca del triduo a cui tutta l'Italia ha assistito....
GIOVEDI'
Iniziano le votazioni per eleggere il Presidente. Già dalla sera precedente, il malcontento serpeggia in casa Pd, o meglio, in tutte le sedi di partito d'Italia che fanno giungere proteste vibranti per la scelta del candidato Franco Marini, visto come il suggello all'inciucio con il Pdl: anche la gente comune è in rivolta, l'opinione pubblica non capisce. Ma tanti sono i dissidenti anche tra i votanti: Marini non passa, spuntano dall'urna i nomi dell'omonima Valeriona e del Conte Mascetti, di Fiorello, di Rocco Siffredi, di Michele Cucuzza e Sophia Loren (elettori al cazzeggio, come al primo giorno di gita). Chi raccoglie i voti di M5S e Sel è Stefano Rodotà. Si, proprio lui: l'uomo laico di sinistra a cui la sinistra non ha pensato affatto e che decide di non votare perchè proposto dall'opposizione. Sarebbe un mettersi come zerbino a Grillo dopo che quest'ultimo ti ha sbattuto ripetutamente la porta in faccia.
Ma, forse, il vero problema di Rodotà è che è di sinistra.
Seguono riunioni concitate e un Renzi che come i bambini capricciosi punta i piedini e, con la sua faccetta presuntuosetta e la spocchia che lo contraddistingue, si erige a maestro di via, sentenziando a destra e a manca.
Il Pd converge nella candidatura di Romano Prodi, cioè colui che lo ha creato. Apparentemente c'è l'accordo alla base, almeno in casa propria.
VENERDI'
Al solo nominare Prodi, esplode la ribellione del Pdl: Berlusconi suggerisce di scappare tutti via dall'Italia, durante le votazioni una sempre sobria e misurata nipote di duce accompagnata da valletta, si presenta in aula con una maglietta contro Prodi (e verrà richiamata dalla Presidente Boldrini per il poco decoro nel vestiario - e anche come donna, aggiungo io), fuori dal Palazzo scene folklorustiche con salumieri e mortadelle. La votazione è un disastro: lo stesso Pd non vota Prodi, mancano all'appello più di cento voti. Il Segretario è pugnalato alle spalle dai suoi Bruto: è la fine. Arrivano le dimissioni del Presidente Rosy Bindi (byebye Bindi, ce ne faremo una ragione) e quelle drammatiche di Pierluigi Bersani: viene immeritatamente buttata la croce solo addosso a lui, quando le responsabilità sono dell'intero partito, allo sbando, dilaniato da varie correnti, un'accozzaglia caduta in frantumi e sepolta dalla propria polvere. Azzerare e ricominciare da capo: forse è un bene per iniziare davvero a costruirlo il Partito Democratico.
SABATO
Il Pd sceglie di votare scheda bianca, il Pdl nemmeno partecipa, gli altri vanno avanti a Rodotà e amenità (non lo capiscono proprio che noi li guardiamo, vero?). Ma fin dalle prime ore della mattina, i leaders dei partiti salgono al Colle e vanno a citofonare a Napolitano: il grande vecchio è lì che prepara gli ultimi pacchi del trasloco, mentalmente proiettato all'estate in arrivo e ai suoi nipotini pronti con secchiello e paletta pronti per andare al mare col nonno. In fondo, se la merita pure lui una vecchiaia serena, senza scassaminchia che ti fanno vergognare, un giorno si e l'altro pure, di essere il loro Presidente. E invece no... bisogna scomodare un novantenne, chiamato per l'ennesima volta (ma la più grave) a fare da badante all'asilo della politica italiana. Napolitano si prende qualche ora per pensare e poi decide di accettare: alle 15 cominciano le votazioni, poco prima delle 19 GIORGIO NAPOLITANO E' PROCLAMATO (NUOVO) PRESIDENTE DELLA REPUBBICA.
E' VERAMENTE TUTTO FINITO.