martedì 3 giugno 2014

VENT'ANNI SENZA MASSIMO TROISI

 
Era un sabato di giugno quando arrivò la notizia della morte di Massimo Troisi: ricordo benissimo quel momento, ricordo la sensazione di incredulità, lo smarrimento, gli occhi pieni di lacrime, ricordo il dolore.
 
Massimo Troisi portava dentro di sè un universo intero di dolorosa e struggente malinconia, mista a quella sottile ironia che riusciva a commuoverti e farti sorridere nello stesso momento.
 
Vent'anni senza Massimo, sono stati anni poco nitidi: è un'atmosfera strana e dilatata, è come quando c'è quella nuvola che copre il sole... avverti il suo calore, ma capisci che non può sprigionarsi, non può scaldarti la pelle e l'anima, quel velo venuto giù non va più via e capisci che non si tornerà mai più indietro.
 
Dopo di lui, niente è stato più lo stesso: non se ne fa un altro, non ci si improvvisa Troisi, non si può imitare Troisi, non si diventa Troisi.
 
Quella voragine di vuoto che ha lasciato la conosciamo bene.
E' impossibile imbattersi in vecchi filmati e rimanere indifferenti, non si riesce proprio a sciogliere quel nodo in gola, quando non vuoi piangere e cerchi di mandare indietro i lacrimoni che vorrebbero esplodere... e comincia a pizzicare e a farti  tanto male.
 
Dopo di lui, niente è stato più lo stesso: lo sa bene il suo fraterno amico Pino Daniele (Pinucciomio, colonna sonora della mia vita). L'ultimo "VERO" lavoro discografico che porta dentro la sua profonda essenza è, infatti, quel "Che Dio ti Benedica" del 1993 che contiene anche quel "T'aggia vedè morta" scritta da Massimo Troisi.
 
 “T’aggia vedè morta” fu scritta da me e Massimo Troisi mentre eravamo in macchina da Roma a Viareggio dove ci aspettava la registrazione di “Alta classe”. Non potrò mai dimenticare l’espressione di Massimo quando cantava con me quella canzone, vorrei tanto che quel viaggio continuasse ancora." (Pino Daniele)
 
E' un sodalizio umano ed artistico, è un'amicizia che lega questi due uomini a filo doppio: quando si conoscono, negli anni '70, ognuno di loro sta trasformando l'essenza napoletana in un linguaggio esportabile ed applicabile a grandi ambiti di comunicazione artistica. Sono due anime gemelle che, quando arriveranno a sfiorarsi, si riconosceranno subito.

Dopo di lui, niente è stato più lo stesso: cos'ha rappresentato Massimo Troisi in parte lo spiega Roberto Benigni, io non sono in grado di trovare le parole giuste, tutto mi sembra riduttivo ed inadatto, non centrato, non esatto.
 
 

Forse la cosa più giusta è questa.
 
MASSIMO... mai nome fu più evocativo come nel caso di Troisi.
 
 
MASSIMO.
 
IL PIU' GRANDE DI TUTTI.
 


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